LETTURA SCRITTURA

Osservazioni su letteratura, scrittura e testi, fuori e dentro la Rete

I generi letterari? Scalzati dai «target»

Roberto Arduini recensisce il nuovo saggio del prof. Michele Rak e lo intervista a proposito di generi, target e pratiche di lettura.
Di seguito l'articolo completo apparso su L'Unità il 30 luglio 2010 a pag. 41.
Parole, frasi, romanzi. Non è possibile neppure osservare e ricostruire la storia della letteratura come è stata scritta negli ultimi dieci anni con gli strumenti d’analisi usati nei cinque secoli precedenti che ci separano dall’invenzione della stampa. I generi letterati sono ormai infrastrutture fluttuanti. Le tradizioni locali sono discontinuamente alterate dalle interferenze e dalla pressione di nuove opere che provengono da nicchie culturali remote e disperse sul pianeta e pronte a entrare in gioco nei canali del sistema dell’informazione.Il linguaggio letterario è pervaso dalla modellistica degli altri linguaggi d’arte e sempre più sensibile ai contatti con qualsiasi altro testo di comunicazione. Gli steccati tra le scritture tecniche e le arti sono sempre più labili, indefiniti, provvisori. Altrettanto provvisoria è l’immagine del referente sociale della letteratura, il lettore, che – in ogni istante del suo quotidiano percorso formale – usa indifferentemente questa insieme con molti altri e ben diversi modelli, testi, opere e icone della rappresentazione e della comunicazione. Ci viene in aiuto Michele Rak. Professore di Teoria e Critica della letteratura all’Università di Siena e direttore dell’Osservatorio permanente europeo sulla lettura, Rak ha ben illustrato come non esista-no più i tradizionali generi letterari, scalzati da nuovi campi dell’immaginario ideati dal marketing. Un suo studio appena pubblicato, La letteratura di Mediopolis per la Fausto Lupetti editrice (184 pagine, 16 euro), mostra come l’editoria tenda a confezionare e adottare una tipologia di scrittura letteraria lavorando piuttosto sui «target» che sui generi. Gli editori li hanno confezionati interpretando i bisogni e i desideri del «cliente», sincronizzati sulle suggestioni che provengono dalla cronaca: delitti, guerre, religioni, etnie, malattie, gossip e molto altro ancora. Niente di più o di diverso dalla produzione di altre merci. «Si tratta di elaborare nuovi strumenti per capirle, prevederle e, nel caso, favorirle», scrive Rak. È un’operazione molto complicata dato che i gruppi di riferimento hanno un’alta mobilità, i generi sono instabili e nel sistema irrompono continuamente generi nuovi come i micro-testi narrativi degli spot pubblicitari. Perché, spiega Rak, «vale anche per i generi la regola degli scacchi: qualsiasi mossa modifica tutto il campo del gioco». Le suggestioni del testo sono notevoli e con molte diramazioni che si possono seguire. Nella cultura mediale in cui siamo ormai immersi da tempo, scrive l’autore, «dell’unica catastrofe già avvenuta, quella della scrittura lineare, nessuno scrive». Quel che sopravvive è una galassia di sensazioni, attimi di scrittura vissuta, oltre ai neologismi di cui è pieno il libro, in qualche caso di estrema attualità (la “Krikka”). Così, nel Trillennio la letteratura è quella del divertimento. Quell’atteggiamento distratto, momentaneo, casuale con cui il lettore della cultura mediale, districandosi tra le sirene testuali e le droghe semiotiche, usa anche la letteratura. Ma arrivati in fondo si scopre che si legge in una galleria che il lettore percorre a crescente velocità mentre sui muri o davanti agli occhi o su cartelli laterali vengono disposti frammenti testuali di tutti i tipi, sempre meno organizzati in opere, generi e scaffali dei classici. Cosa rimane? Un flusso, un esercizio di fuga, una devianza. E una consapevolezza. Che servano altri strumenti per una nuova teoria della letteratura.

 
 
 

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