LETTURA SCRITTURA

Osservazioni su letteratura, scrittura e testi, fuori e dentro la Rete

Più Libri, la nuova edizione

Ecco alcuni degli appuntamenti della nuova edizione della Fiera della piccola e media editoria che si terrà a Roma dal 5 all'8 dicembre al Palazzo dei Congressi del'Eur

5 dicembre, ore 17.15 - Sala Smeraldo
Le letture che verranno
Intervengono Maria Catricalà, Cristina Mussinelli, Michele Rak e Francesca Vannucchi
A cura di AIE - Associazione Italiana Editori e Osservatorio Permanente Europeo sulla Lettura. Coordina Giovanni Peresson

6 dicembre, ore 14.30 - digITAL Café
ebook e piccola editoria. Tra ricerca dell'innovazione e minacce
Intervengono Luca Bianchini, Kylee Doust, Fernando Folini ed Enrico Iacometti
A cura di Più libri più liberi e Giornale della Libreria

6 dicembre, ore 17.00 - digITAL Café
Il lettore recensore. Dal Web 2.0 a una comunità di clienti
Intervengono Massimo Cortinovis, Alberto Ibba, Giovanni Peresson e Daniele Tabanella
A cura di Più libri più liberi e Giornale della Libreria

7 dicembre, ore 10.30 - Sala Rubino
Promuovere la lettura attraverso il web
A cura di Centro per il Libro - Direzione Generale per le Biblioteche, gli Istituti Culturali e il Diritto d'Autore

7 dicembre, ore 15.00 - digITAL Café
Social Network: le community del fare
Intervengono Raffaele Barberio e Marcello Bellacicco
A cura di PiùBlog. Coordina Micaela Cini

7 dicembre, ore 19.00 - digITAL Café
Social Network: Cosmo notizie, la prima news community italiana
A cura di PiùBlog. Coordina Roberta Cirillo

8 dicembre, ore 11.00 - Sala Ametista
Circolando si legge. Tavola rotonda
I circoli di lettura si moltiplicano. Strategie e azioni per promuovere e diffondere il piacere di leggere e la lettura condivisa. Intervengono Maria Cristina Brauzzi, Melina Decaro e Susanna Tartaro A cura di Biblioteche di Roma Coordina Paola Gaglianone

8 dicembre, ore 13.00 - digITAL Café
Spazio demo - Tutto quello che avreste voluto sapere sugli ebook

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segnare i confini

 A riprendere le fila di un discorso sul rapporto tra letteratura e blog ci pensa sul romanzo che a partire dal già citato post di Lipperitudine si chiede se esista una definizione di litblog ampia a sufficienza per poter includere le diverse forme di "pubblicazione" presenti online.
Un lit blog, non essendoci una codificazione universale, si può presentare in molte forme: un gruppo di persone che propone post, un singolo che parla di letteratura fantasy, alcuni amici che trattano le problematiche dello scrittore esordiente, una persona che racconta la vita lavorativa in una casa editrice, ecc. Inoltre, un lit blog può aprire ai commenti oppure farne a meno. Ci si capisce al volo quando si cita la categoria “lit blog”, eppure tutti i termini del discorso non sono chiari e definitivi.
sul romanzo  9 novembre 2009

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Litblog. Una categoria e qualche problema

Post e commenti affiorano e scompaiono con la stessa facilità, dispersi come polline nell'aria. Le discussioni che si aprono quotidianamente nei blog, spesso ripetono, senza saperlo, la sostanza di polemiche già sollevate qualche tempo prima da altri internauti, su altri blog. Questioni magari approdate a interessanti sintesi.
Per i litblog, è successo lo stesso. Vale la pena ricordare un intervento del 2005 a firma di Loredana Lipperini postato sul suo blog.

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Libri d'autore





Stephen Doyle


Studio Doyle&Partners

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Giornalisti con la passione per la letteratura

Leggo per la prima volta un volume di qualche anno fa, Letteratura e giornalismo di Alberto Papuzzi, un tascabile dallo stile asciutto che riflette sulle interconnessioni tra mondo letterario e mondo della stampa. Uscito per la collana Alfabeto letterario, progetto di Laterza nato per fornire in poche pagine "preziosi strumenti di informazione", è una sorta di "bignami" della terza pagina, senza teoria, con alcuni nomi significativi e l'abbozzo delle loro esperienze. Un volumetto agile che non intende restituire la ricchezza delle esperienze dei singoli protagonisti ma descrivere con piccoli tocchi un'altra storia del giornalismo, fatta di letterati-giornalisti e di giornalisti dalla scrittura letteraria.

Alberto Papuzzi fa partire il suo libro da un aneddoto della metà degli anni Sessanta su Tom Wolfe, giornalista alle prime armi poi diventato scrittore di successo, incaricato dallo "Herald Tribune" di scrivere per il supplemento domenicale. Per redigere una notizia sul carcere femminile di New York, Wolfe utilizzò uno stile narrativo, scrivendo un articolo come un racconto, concedendosi licenze prima di allora intollerabili per un quotidiano e inventando un genere nuovo: il "new journalism". Come sottolinea Papuzzi, nel periodo in cui la critica suonava la marcia funebre del romanzo, Wolfe riuscì ad inventare un linguaggio giornalistico che proprio da quella forma di narrazione traeva ispirazione; un modo nuovo di raccontare la notizia che conquistò altri importanti autori come Truman Capote, Gay Talese e Norman Mailer. Leggo per la prima volta un volume di qualche anno fa, Letteratura e giornalismo di Alberto Papuzzi, un tascabile dallo stile asciutto che riflette sulle interconnessioni tra mondo letterario e mondo della stampa. Uscito per la collana Alfabeto letterario, progetto di Laterza nato per fornire in poche pagine "preziosi strumenti di informazione", è una sorta di "bignami" della terza pagina, senza teoria, con alcuni nomi significativi e l'abbozzo delle loro esperienze. Un volumetto agile che non intende restituire la ricchezza delle esperienze dei singoli protagonisti ma descrivere con piccoli tocchi un'altra storia del giornalismo, fatta di letterati-giornalisti e di giornalisti dalla scrittura letteraria. Alberto Papuzzi fa partire il suo libro da un aneddoto della metà degli anni Sessanta su Tom Wolfe, giornalista alle prime armi poi diventato scrittore di successo, incaricato dallo "Herald Tribune" di scrivere per il supplemento domenicale. Per redigere una notizia sul carcere femminile di New York, Wolfe utilizzò uno stile narrativo, scrivendo un articolo come un racconto, concedendosi licenze prima di allora intollerabili per un quotidiano e inventando un genere nuovo: il "new journalism". Come sottolinea Papuzzi, nel periodo in cui la critica suonava la marcia funebre del romanzo, Wolfe riuscì ad inventare un linguaggio giornalistico che proprio da quella forma di narrazione traeva ispirazione; un modo nuovo di raccontare la notizia che conquistò altri importanti autori come Truman Capote, Gay Talese e Norman Mailer. Facendo un balzo indietro nella storia delle reciproche influenze tra giornalismo e letteratura, Papuzzi individua il momento esatto in cui la notizia acquisì i suoi caratteri fondamentali. Stiamo parlando degli anni Trenta del Ottocento, quando i giornali ancora potevano essere assimilati a bollettini di informazioni, puntellati da una sovrabbondanza di avvisi pubblicitari. Fortemente influenzati dal potere politico, i quotidiani erano destinati a un pubblico ristretto, una borghesia ricca che poteva permettersi l'acquisto di una copia a 6 centesimi. In questo panorama, a segnare la svolta fu l'iniziativa di Benjamin Day che nel 1833 fondò The New York Sun, il primo giornale "low cost" venduto a solo 1 centesimo. Un'operazione editoriale che, emulata da altri imprenditori della carta stampata, divenne un fenomeno di portata nazionale, la "penny press", i giornali da un centesimo di dollaro (penny). Il dato più evidente fu che in dieci anni il numero di quotidiani statunitensi raddoppiò mentre le tirature quadruplicarono, tuttavia non si trattò di una mera questione di numeri. Con l'obiettivo di incontrare i desideri e la curiostià di un bacino più ampio di lettori, la cronaca divenne la nuova dimensione della notizia, con i suoi resoconti provenienti dai distretti di polizia, dalle aule dei tribunali e dalle strade delle città. Un genere trasversale alle classi sociali e ai livelli culturali che conquistò dignità pari a quella degli eventi politici e istituzionali. Allontanadosi dal tema centrale del volume, l'autore segnala un altro passaggio decisivo nella storia della stampa, la pubblicazione di saggio uscito nel 1893 su The Arena. Nell'intervento si spiegava che la vocazione della stampa moderna doveva essere quella di separare i fatti dalle opinioni, affermando con grande determinazione: «Il mondo si è stancato di prediche e sermoni; oggi chiede i fatti. Si è stancato di fate e angeli e chiede carne e sangue». Con l'articolo si benediva una trasformazione in atto che vedeva il mutare del profilo del giornalista: da cronista ignorante e avventuroso a reporter giovane, ambizioso e istruito con un talento spiccato nella ricerca della notizia e una tecnica asciutta ma sofisticata per raccontarla. Proprio a questa nuova categoria di professionisti appartennero molti personaggi poi passati alla letteratura, come Theodore Dreiser o Jack London, e a rappresentare questa storica evoluzione nel giornalismo fu proprio uno scrittore, Henry James, in due racconti: Il riflettore (1888) e I giornali (1903). E in Italia? L'excursus disegnato da Alberto Papuzzi non dimentica gli intellettuali nostrani. L'autore ricorda Benedetto Croce che nel suo breve saggio Il giornalismo e la storia della letteratura (1910) inserì la cronaca, anche quando di altissimo livello, nella categoria degli "espedienti pratici", perciò lontano dall'Arte, oppure Antonio Gramsci, che vide nel giornalismo l'antidoto alla ridondanza di certa prosa di matrice dannunziana. La prosa forbita dei giornalisti italiani, letterati prestati alla cronaca come Indro Montanelli e Luigi Barzini jr., fu considerata da molti come un'ipoteca per lo sviluppo di una moderna scienza dell'informazione, ma non impedì il sorgere di alcune brillanti eccezioni come Curzio Malaparte, giornalista per La Stampa e Il Corriere della sera, oppure l'affermarsi di un linguaggio innovativo come quello promosso dal quotidiano Il Giorno. Tra gli altri esempi italiani citati, quello di Arrigo Benedetti, prima romanziere poi giornalista, che con uno stile empatico e sensazionalista portò una ventata di innovazione nello stile dei settimanali, fondando prima L'Europeo (1945) poi L'Espresso (1955). In un capitolo separato, chiudono il volume tre casi di reportage dagli stili diversi, a firma di importanti intellettuali italiani: L'URSS raccontata da Italo Calvino; il Vietnam di Oriana Fallaci; l'allunaggio per Alberto Moravia. Lo stile adottato da Papuzzi per la narrazione risente anch'esso, come i casi citati, delle contaminazioni di questi due universi, quello letterario e quello giornalistico, ma soprattutto porta il segno dell'esperienza didattica dell'autore presso la scuola di giornalismo di Perugia. Una caratteristica, quest'ultima, che fa di questo volume un'utile strumento introduttivo a un tema ricco di spunti per l'approfondimento.
Facendo un balzo indietro nella storia delle reciproche influenze tra giornalismo e letteratura, Papuzzi individua il momento esatto in cui la notizia acquisì i suoi caratteri fondamentali. Stiamo parlando degli anni Trenta del Ottocento, quando i giornali ancora potevano essere assimilati a bollettini di informazioni, puntellati da una sovrabbondanza di avvisi pubblicitari. Fortemente influenzati dal potere politico, i quotidiani erano destinati a un pubblico ristretto, una borghesia ricca che poteva permettersi l'acquisto di una copia a 6 centesimi. In questo panorama, a segnare la svolta fu l'iniziativa di Benjamin Day che nel 1833 fondò The New York Sun, il primo giornale "low cost" venduto a solo 1 centesimo. Un'operazione editoriale che, emulata da altri imprenditori della carta stampata, divenne un fenomeno di portata nazionale, la "penny press", i giornali da un centesimo di dollaro (penny). Il dato più evidente fu che in dieci anni il numero di quotidiani statunitensi raddoppiò mentre le tirature quadruplicarono, tuttavia non si trattò di una mera questione di numeri. Con l'obiettivo di incontrare i desideri e la curiostià di un bacino più ampio di lettori, la cronaca divenne la nuova dimensione della notizia, con i suoi resoconti provenienti dai distretti di polizia, dalle aule dei tribunali e dalle strade delle città. Un genere trasversale alle classi sociali e ai livelli culturali che conquistò dignità pari a quella degli eventi politici e istituzionali. Allontanadosi dal tema centrale del volume, l'autore segnala un altro passaggio decisivo nella storia della stampa, la pubblicazione di saggio uscito nel 1893 su The Arena. Nell'intervento si spiegava che la vocazione della stampa moderna doveva essere quella di separare i fatti dalle opinioni, affermando con grande determinazione: «Il mondo si è stancato di prediche e sermoni; oggi chiede i fatti. Si è stancato di fate e angeli e chiede carne e sangue». Con l'articolo si benediva una trasformazione in atto che vedeva il mutare del profilo del giornalista: da cronista ignorante e avventuroso a reporter giovane, ambizioso e istruito con un talento spiccato nella ricerca della notizia e una tecnica asciutta ma sofisticata per raccontarla. Proprio a questa nuova categoria di professionisti appartennero molti personaggi poi passati alla letteratura, come Theodore Dreiser o Jack London, e a rappresentare questa storica evoluzione nel giornalismo fu proprio uno scrittore, Henry James, in due racconti: Il riflettore (1888) e I giornali (1903). E in Italia? L'excursus disegnato da Alberto Papuzzi non dimentica gli intellettuali nostrani. L'autore ricorda Benedetto Croce che nel suo breve saggio Il giornalismo e la storia della letteratura (1910) inserì la cronaca, anche quando di altissimo livello, nella categoria degli "espedienti pratici", perciò lontano dall'Arte, oppure Antonio Gramsci, che vide nel giornalismo l'antidoto alla ridondanza di certa prosa di matrice dannunziana. La prosa forbita dei giornalisti italiani, letterati prestati alla cronaca come Indro Montanelli e Luigi Barzini jr., fu considerata da molti come un'ipoteca per lo sviluppo di una moderna scienza dell'informazione, ma non impedì il sorgere di alcune brillanti eccezioni come Curzio Malaparte, giornalista per La Stampa e Il Corriere della sera, oppure l'affermarsi di un linguaggio innovativo come quello promosso dal quotidiano Il Giorno. Tra gli altri esempi italiani citati, quello di Arrigo Benedetti, prima romanziere poi giornalista, che con uno stile empatico e sensazionalista portò una ventata di innovazione nello stile dei settimanali, fondando prima L'Europeo (1945) poi L'Espresso (1955). In un capitolo separato, chiudono il volume tre casi di reportage dagli stili diversi, a firma di importanti intellettuali italiani: L'URSS raccontata da Italo Calvino; il Vietnam di Oriana Fallaci; l'allunaggio per Alberto Moravia. Lo stile adottato da Papuzzi per la narrazione risente anch'esso, come i casi citati, delle contaminazioni di questi due universi, quello letterario e quello giornalistico, ma soprattutto porta il segno dell'esperienza didattica dell'autore presso la scuola di giornalismo di Perugia. Una caratteristica, quest'ultima, che fa di questo volume un'utile strumento introduttivo a un tema ricco di spunti per l'approfondimento.

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